MAURIZIO

Questa storia comincia dalla fine, da una macchina che sfreccia nella via dove abito. È notte fonda, sono nel letto ma ancora sveglio, il rumoroso veicolo a velocità sostenuta rompe il pigro silenzio della strada. Impossibile non sentirla. È settembre inoltrato ma fa ancora caldo, e una voce urla con tutta la forza possibile: “Ciao Gabrieleee!”.
Capisco subito che è lui. Non può essere che lui. Maurizio è passato a salutarmi per l’ultima volta.
Già, Maurizio. Un amico particolare, uno spilungone magro come un chiodo, un amico di vecchia data. Siamo sul finire dell’estate, ho 16 anni e lui un paio in più.
Maurizio è sempre stato un ragazzo fuori dagli schemi. Intraprendente, aveva tutto il coraggio che io non avevo e mai avrei avuto. Anche con le ragazze. Maurizio amava vivere fuori dagli schemi. Abitava con il padre che aveva un banco di profumi ed accessori per la cura personale e girava per i mercati della provincia. Pochissima voglia di studiare e tanta voglia di vivere sopra le righe. Mai un litigio. Non amava il calcio, non guardava la televisione, a Maurizio piaceva semplicemente trascorrere il tempo con gli amici.
Fino a pochi anni prima abitavamo in due paesi distanti pochi chilometri l’uno dall’altro, io ad Isola d’Asti e lui a Motta di Costigliole e ci vedevamo ogni giorno sulla corriera che ci portava a casa dopo la scuola. Poi nel pomeriggio veniva a trovarmi in bicicletta e passavamo un paio d’ore insieme a parlare e ad ascoltare musica, o a giocare con il Commodore.
Grande appassionato di musica, camminava con il suo inseparabile walkman e le cuffie che spuntavano dai cappelli colorati, ed andava in crisi se si scaricavano le batterie. Mi fece appassionare ad un gruppo svedese autore di canzoni bellissime e melodiche, i Roxette, ed in particolare dell’album “Look Sharp!”.
Una domenica pomeriggio che ero solo in casa ad annoiarmi venne a casa mia:
-“Gabri, prendi un costume che andiamo in piscina”.
-“Mauri, e come andiamo in piscina se la corriera oggi che è domenica non passa?”
-“E qual è il problema? Faremo l’autostop all’andata e al ritorno!”
E così a 12 anni feci il primo - e unico - autostop della mia vita.
Un’altra volta architettammo uno scherzo, sempre a casa mia. Organizzai una finta seduta spiritica con gli amici, lo feci nascondere in un armadio con un flauto, e al momento convenuto gli feci suonare un pezzo di Mozart. I presenti sbiancarono dal terrore.
Maurizio viveva con gioia e spensieratezza la sua adolescenza. Il padre era piuttosto burbero e lui soffriva la mancanza della madre. Io ero il suo migliore amico e lo ammiravo molto perché rendeva le mie giornate migliori, imprevedibili e colorate. Come già detto ci sapeva fare con le ragazze, e tutti volevano uscire con lui, ma lui preferiva trascorrere il suo tempo con me e trascinarmi in nuove avventure. Amava prendere autobus a caso e portarmi in paesi sconosciuti, vada come vada, qualcosa di bello ci sarà. Oppure passavamo pomeriggi stupendi a conoscere ragazze nel parco del castello di Costigliole.
Un paio di anni dopo fu bocciato e si ritirò dalla scuola, andando a lavorare al mercato col padre. Non so se fu costretto o meno, ma la luce che illuminava i suoi occhi sembrava essersi ormai quasi del tutto spenta.
Un giorno, da poco diventato maggiorenne, mi disse:
-“Gabriele, me ne vado, vado in Germania, ho trovato lavoro tramite un lontano parente che vive lì, e partirò a breve”
-“Maurizio, ma addirittura in Germania? Beh, fatti sentire ogni tanto, e quando ritorni vieni a trovarmi”.
Da esprit libre qual era questa notizia non mi meravigliava affatto, anche se ero cosciente che le nostre strade stavano separandosi forse per sempre.
E torniamo all’inizio di questa storia, con quella macchina chiassosa spinta sù di giri che infrange il silenzio di quella notte pigra ed afosa di settembre.
E quell’urlo a squarciagola: “Ciao Gabrieleee!”.
Maurizio, l’ho detto, era proprio così. Verace, fuori dagli schemi, imprevedibile e coinvolgente. Stava partendo per la Germania ed aveva scelto quel modo bizzarro per salutarmi.
Non mai più rivisto né lui né il padre, ma ogni tanto penso ancora a quell’amico spilungone, il Lucignolo buono con il cappellino colorato, la passione per la musica, e gli occhi brillanti.
“Walking like a man
Hitting like a hammer
She's a juvenile scam
Never was a quitter
Tasty like a raindrop
She's got the look”
(Roxette, The Look)
(12/11/2024)

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